mercoledì SULLA VIA DI DAMASCO

Mentre sorseggio il primo caffè della giornata mi chiedo quale sarà l’atmosfera oggi. Non riesco a scrollarmi di dosso la tensione, gli imbarazzanti silenzi di ieri, anche se poi, verso sera, il barometro degli umori sembrava fosse risalito di qualche grado. Se le cose non cambiano, si torna tutti a Torino, e non credo che ci saranno obiezioni. E anche se ce ne fossero, io sono l’anfitrione, io li ho invitati e io posso anche decidere di annullare tutto. E ricorderò la lezione prossimamente, anche se spero di non trovarmi più impegolato in storie di femmine. Sono un single io, io single convinto, maremma becera!
Ma uno squillante – «Ciao Bruno», – mi fa sobbalzare. Non l’avevo sentita arrivare, Chiara, che,  allegra sorridente e disinvolta si siede e si versa un caffè.
«Come siamo di buon umore, stamattina, quale novità mi porti?» e ricambio il suo luminoso sorriso che mi mette di buonumore..
«Beh, io e Francesco abbiamo fatto un miracolo, Gianni e Franca si sono rappacificati!»
«San Francesco e Santa Chiara, ottimo binomio. Anche se il miracolo vero sarebbe stata la fine di questo rapporto così assurdo.»
«Non dovresti  giudicarli, li conosci appena! Nessuno può sapere cosa c’è realmente in un rapporto, non solo non è giusto, ma soprattutto è opinabile… In ogni storia c’è un nucleo segreto, che conoscono i due interessati soltanto, e che può apparire inconcepibile dall’esterno!» osserva pacata.
Non mi lascio fuorviare dal tono apparentemente calmo, anzi, volutamente, vi leggo  supponenza e presunzione.  Ma chi si crede di essere la piccola vipera?
«Sempre secondo il mio metro opinabile», ribatto «tu hai sbagliato professione, cara collega, avresti dovuto fare l’avvocato invece di insegnare letteratura inglese!!!» e le sorrido a denti stretti, mentre torna a galla e mi prende alla gola come una cravatta troppo stretta fino a strozzarmi, tutto il vecchio risentimento che in questi quattro giorni si era trasformato in quasi simpatia.
Termino la colazione e prendendo atto che la giornata mi è già andata di traverso, mi tuffo nel giornale, ignorando il suo sguardo perplesso.
Glu.. Glu… Glu… che succede? ah ecco hanno fatto la loro apparizione, mano nella mano, i piccioncini tubanti e contenti, e la viperetta si precipita ad abbracciarli!  Anche Francesco partecipa alla festa, ma per me l’aria è diventata irrespirabile, dolciastra come la melassa, mi sa che se rimango seduto lì, rischio una crisi glicemica. No, non sopporto le moine, le smancerie, questa scenetta da telenovelas, sono un serio professore, io, non una casalinga frustrata! Ma dovere vuole che partecipi alla festa e faccia anch’io gli auguri e le felicitazioni per un rapporto incollato.. E allora via, facciamoli  ‘sti complimenti….
«Bene bene», ironizzo «sono felice che tutto sia tornato nella norma… Siete fortunati ad avere come amici due santi… avere protettori in paradiso non guasta mai… Poi, – come dice la Chiaretta,- avete un vostro nucleo segreto, vi auguro che diventi sempre più forte! e che resti anche sempre invisibile…»
I tre si scambiano un’occhiata,  il loro sguardo perplesso si ferma un istante di troppo su di me, mi guardano come si guarda un cretino – sicuramente lo sono, o per lo meno lo sembro – ma in questo momento non me ne può fregare di meno.
«Vado a fare una nuotata, ho bisogno di sgranchirmi le gambe», annuncio, e mi avvio verso la pineta, dove cerco di sfogare l’irritazione prendendo a calci le pigne che hanno la sventura di trovarsi sul mio cammino, ma non mi calmo, sento anzi la rabbia crescere e travolgermi come un’onda decumana. Sono ancora lontano dalla spiaggia,  quando uno scalpiccio, e guizzo di rosso al termine della scalinata,  mi segnala che qualcuno sta arrivando. Chiara? ricordo che aveva un gonnellino di quel colore, per amor del cielo che non mi venga a cercare…la rabbia è ai massimi livelli, potrei strozzarla. È proprio lei purtroppo, e subito dietro l’altro tritacionfoli, che deve aver chiamato in aiuto. Mi irrigidisco e trattengo il respiro, mentre calcolo come evitarli, ma non vedo vie di fuga e rimango immobile, appiattito contro un pino.
Si avvicinano e iniziano ad arrivarmi nitide, le loro voci.
«Dai, non preoccuparti, cosa vuoi che gli sia successo? Mica si sarà buttato a mare, per una sciocchezza simile, anche se è un po’ ombroso! È logico che non abbia voglia di vederti adesso, ti sei permessa di contraddire Sua Altezza, dagli tempo. Tu non farti vedere, vado a parlargli io»,  la tranquillizza  con un tono paternalistico-protettivo che mi dà il voltastomaco.
No, cocco bello, tu non mi parli proprio, primo perché non c’è  niente da dire, secondo perché anche per te, il tempo è tornato indietro , ora è tutto come quando siete arrivati, brutti antipatici.
«Mi dispiace tantissimo», – frigna la vipera,- «non intendevo offenderlo,  volevo solo…»
«Sì, lo so, ma lo sai come è fatto.. Ombroso, suscettibile, si sente un padreterno e non accetta opinioni diverse dalle sue.  Lo sapevi che i suoi alunni lo chiamano ACETO…?»
«No», e ripete «ACETO…però è proprio azzeccato, come soprannome. Sono terribili a volte, i ragazzi, terribili e ironici… » e intuisco che sorride facendomi salire ancora di più il livore..
Dopo una breve pausa prosegue:
«Cosa vuoi che ti dica, Francesco? Ad essere sincera, mi fa tanta tenerezza.»
«Tenerezza? »
«Potrei dire pietà, ma non è il termine esatto. Mi fa pena, no, neppure, lo compiango, o meglio lo comprendo.  Lo comprendo. Ecco la parola esatta. Comprensione. Dovrei dire comprensione, ma sarebbe sgrammaticato, anche per una prof di inglese.. e poi, te lo immagini, se venisse a sapere che ho detto mi fa comprensione? capace di rifilarmi un bello zero tondo tondo su tutto il costume…»
Francesco scoppia in una sonora risata, anche se io non ci trovo proprio niente da ridere, ma lei non gli fa eco. «Non sprecare termini per lui, non ne vale la pena, e neppure …sentimenti» insiste Francesco
Chiara si ferma, si appoggia ad un albero, quasi per riordinare i pensieri e poi dopo una lunga pausa prosegue.
«In realtà, vedi,  fa lo spavaldo, il gradasso, ma non è che un misero  tentativo di nascondere il  disagio , deve avere avuto un’infanzia infelice e solitaria, nonostante i suoi soldi, poverino».
«Poverino? con tutti quei soldi, con una villa così? Poverino sono io che ho sofferto la fame, il freddo, che ho camminato nelle pozzanghere con le scarpe buche per potermi laureare,».
«È stato così anche per me, non credere. Vengo da una famiglia di contadini..»
«Poverino…Ma quando mai?» Evidentemente al bel Francesco tutta questa comprensione non va giù e insiste:
«Tu credi? Io invece penso che dipenda dalla classica prosopopea dei ricchi, di quelli che hanno tutto dalla vita, che non debbono sudare per guadagnare qualcosa… Magari gli hanno comperato anche la laurea…»
«Adesso sei tu, il maligno.. No, sa il fatto suo nella professione,  io sono certa che gli è mancato invece il calore di una famiglia. Purtroppo sono casi frequenti in famiglie dove il tenore di vita consente una vita di divertimenti che i bambini limitano, perciò vengono abbandonati alle cure di tate ed istitutrici… »
Perché, invece di irritarmi, questa diagnosi da psicoterapeuta da strapazzo, mi porta i ricordi del passato?
Eccola la rigida, segaligna istitutrice inglese, Miss Ketty. Era lei che mi svegliava al mattino, mi accompagnava in ogni ora della giornata, mi propinava noiose, rigide regole di saper vivere, controllava i miei giochi,  scacchi, dama, scarabeo, tutti giochi per sviluppare l’intelletto, diceva. Mai una corsa nel parco, mi sarei ammalato, sudando, mai un calcio ad un pallone, e perfino il tennis era pericoloso  per la mia salute… Era lei che mi costringeva a  passare interminabili ore  in biblioteca su libri astrusi e lontani dal mio mondo infantile, (ricordo una severa punizione, il giorno che scoprì che invece di leggere Darwin come mi aveva assegnato, ero riuscito ad impossessarmi di un libro di Salgari) stabiliva le punizioni per un compito mal fatto, mi negava i privilegi di essere un bambino allegro e spensierato. Era sempre lei che mi accompagnava a letto alla sera, senza mai sgarrare di un minuto sulla tabella di marcia di giornate assurdamente uguali nella loro monotonia.
Per non parlare di un padre, sempre lontano per lavoro, o per seguire chissà quali avventure,  di una madre che non aveva mai tempo per me, impegnata in serate mondane, in vacanze con amici, in lunghe crociere su navi di lusso, nei paesi più esotici e lontani, dalle quali tornava senza mai portarmi neppure un piccolo ricordo, una madre che non mi baciava mai per non rovinare il trucco…
E delle lunghe notti in lacrime, nella mia cameretta, stringendo un cuscino, per illudermi che fosse il suo abbraccio.
Un nodo si scioglie, corro verso la spiaggia, mi butto in mare e nuoto, nuoto, nuoto, fino all’esaurimento.
E non so se quel sapore di sale che sento sulle labbra è acqua di mare o lacrime, ma so di piangere, di vergognarmi di questo mio essere, di quello che sono stato, delle cattiverie gratuite che ho inflitto agli altri, quasi che far soffrire, far pagare ad innocenti il mio dolore  potesse placarmi o compensarmi.
“Ma lo hai fatto inconsapevolmente” tenta di difendersi il solito Bruno ..
Ma non attacca; mi rendo conto adesso, che quando affermavo che per affettare il salame non serviva conoscere il greco e il latino, ero mosso dall’invidia per quei genitori affettuosi e partecipi che avrei voluto e che non ho avuto…
Mi accorgo improvvisamente di essere arrivato al confine della mia proprietà; mi lascio cadere sfinito sulla sabbia. il confine è ora segnato da una pesante rete metallica, perché il nuovo proprietario ha deciso di stabilire inequivocabilmente il possesso, e questo mi ricorda la garitta, mio rifugio segreto, dove  mi rifugiavo  da bambino per sfuggire ai castighi dopo qualche marachella o le numerose disubbidienze alla Miss, ma anche per stare tranquillo e sognare, quando qualcosa non andava per il verso giusto.
La garitta… sorrido al ricordo. Un pino, un vecchio albero colpito da un fulmine, che aveva creato un’apertura abbastanza larga per permettermi di entrarci. Una strana planimetria aveva fatto sì che si trovasse per metà sul confine e quando fu il momento della divisione e si decise di abbatterlo, io ebbi una reazione disperata  di pianti, urla strazianti, quasi mi strappassero un pezzo di anima. Fu l’unica volta che mio padre mi scompigliò i capelli, in un gesto affettuoso, e propose al fratello, l’acquisto di quella striscia per permettermi di mantenere il mio rifugio.
E adesso, più che mai ho bisogno  di un rifugio….la mia garitta sarà Chiara. Voglio guardarla negli occhi , parlarle, sento di non poter più fare a meno di lei, adesso che ho scoperto che è sensibile e generosa, che ha saputo vedere oltre la mia arroganza e mettermi a nudo. Mi sento come se avessi ricevuto una botta in testa… Sì, sono caduto dal cavallo della mia superbia, folgorato sulla via di Damasco, da una donna che avevo sempre considerata meno di zero, che avevo sempre guardata con insolente fastidio. Devo parlarle immediatamente, chiederle scusa, pregarla di non abbandonarmi solo con i fantasmi del vecchio Bruno.
Però scopro con angoscia  che le forze sono esaurite, che sono lontano dalla villa quattro km,  che nessuno sa dove sono, che non ho modo di comunicare, ma soprattutto che non so come tornare. Impossibile pensare di rifare a nuoto i 4 km, impossibile portarmi sulla statale, in costume da bagno e scalzo, e per lo stesso motivo impossibile camminare attraversando la pineta. Sono preda di una crisi di panico, mi vedo già morire di fame, di freddo, abbandonato… Sicuramente nessuno verrà a cercarmi fin qua, nessuno sentirà la mia mancanza, la mancanza di un cafone maleducato… Magari si accorgeranno della mia assenza solo a tarda sera…sono disperato, esausto e affamato e il mondo è nero pece, come si conviene a chi nella sua vita ha fatto solo del male…
La mia megalomania resiste anche agli attacchi di panico.
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13 risposte a mercoledì SULLA VIA DI DAMASCO

  1. Bruno ha detto:

    Avrei preferito che le modifiche le avessi fatte direttamente sul vecchio capitolo, invece di cancellarlo e scriverne uno nuovo, perché così si sarebbero conservati i commenti. 😦
    Comunque questa versione è più ricca e articolata e quindi più intrigante. Ferma restando la tua innegabile capacità di scrittura trovo che te la cavi decisamente meglio nelle parti descrittive; sei un po’ più impacciata nella caratterizzazione dei personaggi e nella loro interazione. Se si parlasse di pittura direi che te la cavi meglio come paesaggista che non come figurativa 😉
    Il mio giudizio su questo capitolo quindi è di 4 stelline per la narrazione e (ahimé) 2 per i personaggi. 🙂

    • kettyblue ha detto:

      veramente non è finito, l’ho pubblicato solo perchè il pc faceva il matto e avevo paura di perdere tutto… infatti zoppica di brutto…te ne sarai accorto..domani lo ripiglio, finita la scorta di salsa verde e pesto rosso.
      Che palle di cucinare,

  2. Martina ha detto:

    amici io devo essere sola per concentrarmi…quindi…dovete aspettare un attimo che leggo bene bene…. Bruno il mio telefonino se lo sono presi in comodato d ‘ uso…,,,arrubbato praticamente… anche se era un rottame ormai…(nel senso che l avevo semi distrutto) era davvero comodo ufffff,
    a presto.

  3. kettyblue ha detto:

    dunque dunque..i personaggi a quanto pare sono carenti. in effetti mi sono accorta che non ho mai preso in considerazione questo aspetto, perchè il caratteraccio di Bruno lo imponeva, visto che se ne frega di tutti.,
    Quindii casi sono due.. o rifaccio gli altri capitoli schiaffandoci dentro un tipo alla volta, ma non ne avrei molta voglia, oppure sfrutto il sesto giorno approfittando della situazione, come era in programma.
    Peròòòòòò…..c’è un però, lo stacco fra 4 mini-capitoli e 3 maxi non sarà troppo per un romanzo che si rispetti? Il cambiamento di Bruno può giustificarlo?

  4. Martina ha detto:

    non rifare niente… secondo me puoi semplicemente prenderne atto e concentrarti su di loro in futuro. anche per me 4 stelline. Una bel viaggio nella dialettica e nella ricerca dei termini.
    Mi stai incuriosendo di più.
    Un solo appunto. Secondo me ci son troppi puntini di sospensione. Se significano sottintesi allora spiegaceli un po’ nel dettaglio….ecco magari Bruno lo fa “assai” 🙂 e tu troppo poco. Una via di mezzo.
    c

    • balenaazzurra ha detto:

      i puntini di sospensione…grazie per avermelo fatto notare, devo ricordarmi di cambiare il correttore automatico che mi trasforma tre spazi di stacco paragrafo. per il resto, proseguo, poi alla fine rivedrò sicuramente anche i precedenti.
      a presto.
      ciauz

  5. ketty ha detto:

    ho usato il vecchio blog salvat e adesso mi cambia il noick?ma che casino!

  6. Martina ha detto:

    che pignolo! 🙂 e pedante!!! 😛

  7. Martina ha detto:

    bhe ketty2 può entrare per commentare!! al max evita l accesso— hihihih

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