Sul terrazzo veranda il buffet per la colazione è pronto.
Ho fame, ma non vorrei passare per cafone, anche se in realtà non si è parlato di orario di sveglia. Mi verso un succo d’arancia e controllo i tavoli. Ho fatto preparare anche un piccolo reparto di salato, nel caso qualcuno ne gradisca anche a colazione, e mi rendo conto di quanto poco conosca i miei colleghi. Eppure non è bastato per evitare il crearsi di illazioni e pettegolezzi che devo chiarire ed eliminare, possibilmente al più presto e con il minimo fastidio. Dovrei preparare un piano, augurandomi di riuscire poi ad attuarlo in giornata. Potrei cominciare a preparare il discorsetto: deciso, ma gentile, senza enfasi, ma con profondo rammarico; sarebbe già un buon punto di partenza.
Vediamo un po’: potrei esordire con Cara Chiara.. no, no, cara un cavolo!
Chiara, so che voci di corridoio affermano che sei innamorata di me….non ci siamo, troppo diretto.
Sai Chiara, si dice che sono innamorato di te, ma in realtà sono pettegolezzi, perché io, sono un single convinto- peggio che andar di notte, ma perché è così difficile? Forse meglio lasciar perdere il discorsetto e affidarmi al come viene viene, quando sarò riuscito a trovare Chiara da sola. Perché l’ostacolo principale è proprio la presenza costante di Franca.
Il ‘giorno’ di Francesco, scaccia i miei maldestri tentativi.
«E gli altri?» – chiedo
«Stanno arrivando, sono svegli, si sentono voci e movimenti » – mi risponde con la solita voce pacata, mentre fa scivolare nel piatto una fetta di torta da 3000 calorie.
«Alla faccia della linea!» – commenta Franca, facendo la sua apparizione con gli altri due a seguito, e lanciandosi a sua volta sul buffet. Si serve anche lei una maxi porzione di torta, ne passa una ancora più maxi a Gianni e mugolando di piacere si inizia la giornata.
Chiara è visibilmente sulle spine, immobile come una statua di sale davanti ad un tavolo, con espressione indecisa, smarrita, come se non sapesse cosa scegliere, mentre cerca di attirare l’attenzione dell’amica che per il momento però, è in tutt’altre faccende affaccendata.
La osservo perplesso ed irritato, diamine, con tutto quel ben di Dio, non c’è niente che l’attira? Decido di intervenire e mi avvicino:
«Qualcosa non va, dolce fanciulla?» – chiedo – «non dirmi che non c’è niente che ti piace, su questa tavola!»
«No.. Sì.. Veramente… » – mormora lei con un fil di voce – beh, io vorrei…»
«Vorrei andare a Messa» – termina Franca per lei. Finalmente la chioccia torna fra i mortali e riprende il suo ruolo.
«E fare la comunione» aggiunge Chiara.
Stringo i denti per bloccare la fila di imprecazioni toscane che mi sono venute spontanee: e ce la faccio!
«Mi dispiace, Chiara, per la comunione è impossibile; per la messa noi (bello questo plurale majestatis) non siamo in grado di risponderti, però possiamo subito chiedere ragguagli alla servitù, è pane per i loro denti!»
«Io pensavo…avevo visto la cappella e..» quasi si mette a piangere e devo stringere ancora di più i denti per non esplodere.
«La cappella?? Ah, già.. c’è, ma da molti anni, ormai è solo un accessorio della villa, nessuno la usa più, ormai. Vediamo di fare qualcosa per la messa, almeno!»
È Rosa la cuoca che ci illumina: a Punt’Ala celebrano solo una messa alla sera, ma a Follonica ci sono alcune parrocchie dove le messe vengono celebrate ogni ora, per tutta la giornata.
Con un sospiro di sollievo Chiara chiede: « Chi mi presta la macchina?»
«Scherzi?» – interviene subito Gianni – «ti accompagniamo noi, e dopo, magari già che ci siamo andiamo a fare un salutino alla Ginosta che passa l’estate giusto a Follonica. Vieni anche tu Francesco?»
«No, io rimango, non possiamo lasciar solo il nostro anfitrione.»
Meno male che qualcuno ha un po’ di rispetto! Ma faccio il generoso.
«Va pure con loro, se vuoi salutare anche tu la Ginosta. E magari anche la messa ci può stare!»
«Assolutamente no » – ribatte – «dovresti saperlo che il mio vangelo è Voltaire. E con la Ginosta non sono molto in confidenza, qualche ciao in sala professori e morta lì.»
«Allora noi andiamo,» – dice il terzetto e mi liberano della loro presenza e finalmente posso esplodere! Sono semplicemente idrofobo! Maremma puttana, mi mancava una figlia di Maria! ma sentila, sentila, la santarellina, la cappella, la messa, dove crede di essere, in Vaticano?
Francesco esita un attimo, poi fissandomi negli occhi mormora:
«Scusa se te lo dico, ma potevi proprio risparmiartela quella cattiveria!
Rimango basito, poi gli sorrido:
«Hai ragione – dico stranamente umile – non capisco perché mi sia sfuggita una simile battuta. Mi ha infastidito che si allontanasse perché – tento di rimediare – oggi volevo trovare un momentino adatto per chiarire la situazione.
«Non capisco» – replica stupito – Probabilmente mi sono perso qualcosa!»
«Ma sì, questa storia del fatto che sia cotta marcia di me. Sempre secondo voi, s’intende. Io invece sono lontano galassie e vie lattee assemblate, e vorrei farle capire che perde il suo tempo, e che volga altrove le sue mire, sempre che ne abbia e abbiate ragione voi..»
«Hai ancora un po’ di tempo, allora. Ma certo, è meglio che definisca tutto al più presto. Io però, non ne sapevo niente…»
«Tu, da bravo filosofo, stai sempre distratto » – lo sfotto…
«Non è che sono distratto, ho la testa fra le nuvole!» anche lui mi prende in giro.
Sfoglio di mala voglia il giornale, ma sono pervaso da un disagio sottile.
«Quando torneranno?,- chiedo al filosofo.- dovrei regolarmi per il pranzo..
Francesco esita un po’, imbarazzato, sembra indeciso se parlare o meno.
«Su, dai, sputa il rospo. Cosa altro ho fatto di storto?
«Tu niente, non si tratta di quello… Solo che se conosco la compagnia non penso li vedremo tornare prima di sera tardi.
«Stasera?
«Non sei molto intuitivo, eh Bruno? Non ti è sembrato strano che Gianni abbia preso l’iniziativa ma non ti abbia invitato? La realtà è che la Ginosta ha un suo piano, ben preciso. Figurati se la pettegolona si perde l’occasione di spettegolare su di te. Li inviterà a pranzo, li porterà a mangiare nel ristorante di suo cugino, dove tra l’altro si mangia il miglior pesce del Tirreno, per farsi descrivere ogni particolare della tua casa. Vorrà verificare se sei un millantatore e se le riesce il colpaccio, farsi invitare per controllare di persona. Potrei scommetterci lo stipendio di un anno.
«La conosci molto bene» – esclamo allibito
«Se scendessi fra noi comuni mortali, in aula professori ti accorgeresti di molte cose. Non ti sei meravigliato anche del fatto che Michele non sia venuto? lo ha tormentato abbastanza, per sapere, al punto che lui le ha mentito assicurandole di non essere mai stato qua. E ben sai quanto sia difficile che Michele dica una bugia!»
Già, Michele si farebbe torturare piuttosto, è la lealtà in persona e spesso mi meraviglia molto che sia amico mio! Non mi sono ancora riavuto dalla sorpresa che le previsioni si avverano, rimarranno a pranzo da Lei, che per altro invita anche noi due a raggiungerli.
«Che cuore tenero!» ironizza Francesco -«non vuole lasciarti solo! così pensa di riuscire meglio ad incastrarti e farsi invitare per toccare personalmente!
Figuriamoci! piuttosto mi metto una corda al collo.
Ok, messaggio ricevuto eccomi, snobbato e in castigo dietro la lavagna. E chissenefrega!
«E noi che facciamo? – chiedo cercando di mascherare il malumore – possiamo prendere la barca e fare un giretto per le cale. L’hai mai sentita la musica di Cala Violina?» chiedo all’ospite superstite.
«No, niente barca per me, preferirei la tua biblioteca, se non hai niente in contrario. Ho già notato diversi testi interessanti!
«Vada per la biblioteca. – dico a Francesco – è tutta tua. Io invece esco in barca, ho bisogno di rilassarmi. Tu ordina quello che vuoi, per il pranzo, Rosa è a tua disposizione.» Ma prima che sparisca sulle scale lo blocco.
«Dimmi la verità.. tu la conosci troppo bene, la tipa!»
«Ebbene sì, da lunga data.. ma te ne parlerò un’altra volta!» innesta il turbo e sparisce.
Prendo la “barca” e mi dirigo verso Cala Violina, già invasa dai turisti. Non si potrebbe scendere, per la verità, ma le leggi sono fatte per essere infrante, e la spiaggetta pullula di seni al vento, chiappe all’aria, e altra mercanzia.
Rimango al largo, mi metto a pescare, con l’idea di farmi un bel pranzetto, e in attesa del pesce penso a Francesco, professore di filosofia e al suo strano comportamento. Mi sa che dovrò rivedere il mio giudizio, su di lui, ne sa più di quello che dimostra. Fisicamente non è certo un granché, uno di quei tipi che potrebbero tranquillamente svaligiare una banca e uscire tranquillamente dalla porta principale senza essere notato, un tipo comune, insomma. Caratterialmente siamo troppo diversi, agli antipodi direi: io duro, intransigente, granitico, eternamente sul piede di guerra, lui mite, dolce, comprensivo (sin troppo, non so se per indole o per influenza della materia che insegna). In ogni caso a me fa una rabbia matta.
Se è lui a dover giustificare un ritardo, accetta tutto, dal tram che non arrivava al ricovero della nonna, da un mal di pancia improvviso, alla sveglia che non ha suonato; insomma se gli dicessero “sono in ritardo perché ho aiutato una vecchietta ad attraversare la strada” non solo accetterebbe la giustifica, ma aggiungerebbe una lode per la buona azione! E naturalmente gli studenti se ne approfittano, ma se a lui la cosa scivola via, io mi imbufalisco.
E intanto oggi il pesce è in ferie. Anche lui è andato a Messa? Ci sono cattedrali in fondo al mar Tirreno? e qui viene spontaneo pensare a Chiara…
Già. Chissà come sono nate certe voci. Sicuramente, alla luce delle rivelazioni di Francesco c’è di mezzo la Ginori, ma da dove può essere partita quella strega? Non mi sento responsabile, ma per scrupolo ripercorro l’iter. Dunque, Chiara è arrivata da poco più da due anni, da quando è esplosa la mania dell’inglese. Sembra che sarà la lingua del futuro, e che i rampolli torinesi non possano essere privati di tanta conoscenza, così su richiesta dei genitori, il preside ha acconsentito ad inserire anche un corso facoltativo di inglese. Non so come e perché sia stata scelta Chiara, e neppure mi interessa, so solo che adesso è qua. Sinceramente non l’ho mai guardata troppo, a volte mi fa l’impressione di un topolino mezzo affogato, altre di una povera cenerentola. Sempre ordinata, per carità, sempre dignitosa in quegli abitucci da quattro soldi, naturalmente sempre tinte neutre, mai un tocco di colore, mai un filo di trucco, e ben poche sedute dal parrucchiere. Gli occhi sono di quell’insulso color topo, i lunghi capelli neri, raccolti in uno chignon che non valorizza certo i suoi lineamenti, le danno un’aria da istitutrice, accentuata dagli occhiali quando è seduta al tavolo a correggere i compiti in classe. Il tutto mi mette in corpo uno strano malessere, per cui evito di guardarla. E neppure lei sembra colpevole. Non l’ho mai sorpresa a guardarmi, e oltre al solito ciao, se ci si incontrava, non faceva altro. Si era subito incollata a Franca, e non c’era altro da aggiungere.
Al tramonto rientro con una luna storta, che non basterebbero 1000 geometri per raddrizzarla.
I tre non sono tornati, Francesco è ancora in biblioteca.
Che vadano tutti al diavolo, mi verso una doppia razione di bourbon, e vado a dormire.
Una giornata da dimenticare, colpa di quella stupida baciapile, lei la sua messa, la sua aria da santarellina, lei, l’acqua cheta che travolge i ponti.
La odio.
Quando rientrano, verso mezzanotte, neanche troppo silenziosi, faccio fatica a non alzarmi per invitarli a far silenzio.
Ma domani la faccio finita, e non so se avrò voglia di usare i guanti bianchi. Se vogliono andarsene tutti tanto meglio, io riparto immantinente per Cortina.
Ho fame, ma non vorrei passare per cafone, anche se in realtà non si è parlato di orario di sveglia. Mi verso un succo d’arancia e controllo i tavoli. Ho fatto preparare anche un piccolo reparto di salato, nel caso qualcuno ne gradisca anche a colazione, e mi rendo conto di quanto poco conosca i miei colleghi. Eppure non è bastato per evitare il crearsi di illazioni e pettegolezzi che devo chiarire ed eliminare, possibilmente al più presto e con il minimo fastidio. Dovrei preparare un piano, augurandomi di riuscire poi ad attuarlo in giornata. Potrei cominciare a preparare il discorsetto: deciso, ma gentile, senza enfasi, ma con profondo rammarico; sarebbe già un buon punto di partenza.
Vediamo un po’: potrei esordire con Cara Chiara.. no, no, cara un cavolo!
Chiara, so che voci di corridoio affermano che sei innamorata di me….non ci siamo, troppo diretto.
Sai Chiara, si dice che sono innamorato di te, ma in realtà sono pettegolezzi, perché io, sono un single convinto- peggio che andar di notte, ma perché è così difficile? Forse meglio lasciar perdere il discorsetto e affidarmi al come viene viene, quando sarò riuscito a trovare Chiara da sola. Perché l’ostacolo principale è proprio la presenza costante di Franca.
Il ‘giorno’ di Francesco, scaccia i miei maldestri tentativi.
«E gli altri?» – chiedo
«Stanno arrivando, sono svegli, si sentono voci e movimenti » – mi risponde con la solita voce pacata, mentre fa scivolare nel piatto una fetta di torta da 3000 calorie.
«Alla faccia della linea!» – commenta Franca, facendo la sua apparizione con gli altri due a seguito, e lanciandosi a sua volta sul buffet. Si serve anche lei una maxi porzione di torta, ne passa una ancora più maxi a Gianni e mugolando di piacere si inizia la giornata.
Chiara è visibilmente sulle spine, immobile come una statua di sale davanti ad un tavolo, con espressione indecisa, smarrita, come se non sapesse cosa scegliere, mentre cerca di attirare l’attenzione dell’amica che per il momento però, è in tutt’altre faccende affaccendata.
La osservo perplesso ed irritato, diamine, con tutto quel ben di Dio, non c’è niente che l’attira? Decido di intervenire e mi avvicino:
«Qualcosa non va, dolce fanciulla?» – chiedo – «non dirmi che non c’è niente che ti piace, su questa tavola!»
«No.. Sì.. Veramente… » – mormora lei con un fil di voce – beh, io vorrei…»
«Vorrei andare a Messa» – termina Franca per lei. Finalmente la chioccia torna fra i mortali e riprende il suo ruolo.
«E fare la comunione» aggiunge Chiara.
Stringo i denti per bloccare la fila di imprecazioni toscane che mi sono venute spontanee: e ce la faccio!
«Mi dispiace, Chiara, per la comunione è impossibile; per la messa noi (bello questo plurale majestatis) non siamo in grado di risponderti, però possiamo subito chiedere ragguagli alla servitù, è pane per i loro denti!»
«Io pensavo…avevo visto la cappella e..» quasi si mette a piangere e devo stringere ancora di più i denti per non esplodere.
«La cappella?? Ah, già.. c’è, ma da molti anni, ormai è solo un accessorio della villa, nessuno la usa più, ormai. Vediamo di fare qualcosa per la messa, almeno!»
È Rosa la cuoca che ci illumina: a Punt’Ala celebrano solo una messa alla sera, ma a Follonica ci sono alcune parrocchie dove le messe vengono celebrate ogni ora, per tutta la giornata.
Con un sospiro di sollievo Chiara chiede: « Chi mi presta la macchina?»
«Scherzi?» – interviene subito Gianni – «ti accompagniamo noi, e dopo, magari già che ci siamo andiamo a fare un salutino alla Ginosta che passa l’estate giusto a Follonica. Vieni anche tu Francesco?»
«No, io rimango, non possiamo lasciar solo il nostro anfitrione.»
Meno male che qualcuno ha un po’ di rispetto! Ma faccio il generoso.
«Va pure con loro, se vuoi salutare anche tu la Ginosta. E magari anche la messa ci può stare!»
«Assolutamente no » – ribatte – «dovresti saperlo che il mio vangelo è Voltaire. E con la Ginosta non sono molto in confidenza, qualche ciao in sala professori e morta lì.»
«Allora noi andiamo,» – dice il terzetto e mi liberano della loro presenza e finalmente posso esplodere! Sono semplicemente idrofobo! Maremma puttana, mi mancava una figlia di Maria! ma sentila, sentila, la santarellina, la cappella, la messa, dove crede di essere, in Vaticano?
Francesco esita un attimo, poi fissandomi negli occhi mormora:
«Scusa se te lo dico, ma potevi proprio risparmiartela quella cattiveria!
Rimango basito, poi gli sorrido:
«Hai ragione – dico stranamente umile – non capisco perché mi sia sfuggita una simile battuta. Mi ha infastidito che si allontanasse perché – tento di rimediare – oggi volevo trovare un momentino adatto per chiarire la situazione.
«Non capisco» – replica stupito – Probabilmente mi sono perso qualcosa!»
«Ma sì, questa storia del fatto che sia cotta marcia di me. Sempre secondo voi, s’intende. Io invece sono lontano galassie e vie lattee assemblate, e vorrei farle capire che perde il suo tempo, e che volga altrove le sue mire, sempre che ne abbia e abbiate ragione voi..»
«Hai ancora un po’ di tempo, allora. Ma certo, è meglio che definisca tutto al più presto. Io però, non ne sapevo niente…»
«Tu, da bravo filosofo, stai sempre distratto » – lo sfotto…
«Non è che sono distratto, ho la testa fra le nuvole!» anche lui mi prende in giro.
Sfoglio di mala voglia il giornale, ma sono pervaso da un disagio sottile.
«Quando torneranno?,- chiedo al filosofo.- dovrei regolarmi per il pranzo..
Francesco esita un po’, imbarazzato, sembra indeciso se parlare o meno.
«Su, dai, sputa il rospo. Cosa altro ho fatto di storto?
«Tu niente, non si tratta di quello… Solo che se conosco la compagnia non penso li vedremo tornare prima di sera tardi.
«Stasera?
«Non sei molto intuitivo, eh Bruno? Non ti è sembrato strano che Gianni abbia preso l’iniziativa ma non ti abbia invitato? La realtà è che la Ginosta ha un suo piano, ben preciso. Figurati se la pettegolona si perde l’occasione di spettegolare su di te. Li inviterà a pranzo, li porterà a mangiare nel ristorante di suo cugino, dove tra l’altro si mangia il miglior pesce del Tirreno, per farsi descrivere ogni particolare della tua casa. Vorrà verificare se sei un millantatore e se le riesce il colpaccio, farsi invitare per controllare di persona. Potrei scommetterci lo stipendio di un anno.
«La conosci molto bene» – esclamo allibito
«Se scendessi fra noi comuni mortali, in aula professori ti accorgeresti di molte cose. Non ti sei meravigliato anche del fatto che Michele non sia venuto? lo ha tormentato abbastanza, per sapere, al punto che lui le ha mentito assicurandole di non essere mai stato qua. E ben sai quanto sia difficile che Michele dica una bugia!»
Già, Michele si farebbe torturare piuttosto, è la lealtà in persona e spesso mi meraviglia molto che sia amico mio! Non mi sono ancora riavuto dalla sorpresa che le previsioni si avverano, rimarranno a pranzo da Lei, che per altro invita anche noi due a raggiungerli.
«Che cuore tenero!» ironizza Francesco -«non vuole lasciarti solo! così pensa di riuscire meglio ad incastrarti e farsi invitare per toccare personalmente!
Figuriamoci! piuttosto mi metto una corda al collo.
Ok, messaggio ricevuto eccomi, snobbato e in castigo dietro la lavagna. E chissenefrega!
«E noi che facciamo? – chiedo cercando di mascherare il malumore – possiamo prendere la barca e fare un giretto per le cale. L’hai mai sentita la musica di Cala Violina?» chiedo all’ospite superstite.
«No, niente barca per me, preferirei la tua biblioteca, se non hai niente in contrario. Ho già notato diversi testi interessanti!
«Vada per la biblioteca. – dico a Francesco – è tutta tua. Io invece esco in barca, ho bisogno di rilassarmi. Tu ordina quello che vuoi, per il pranzo, Rosa è a tua disposizione.» Ma prima che sparisca sulle scale lo blocco.
«Dimmi la verità.. tu la conosci troppo bene, la tipa!»
«Ebbene sì, da lunga data.. ma te ne parlerò un’altra volta!» innesta il turbo e sparisce.
Prendo la “barca” e mi dirigo verso Cala Violina, già invasa dai turisti. Non si potrebbe scendere, per la verità, ma le leggi sono fatte per essere infrante, e la spiaggetta pullula di seni al vento, chiappe all’aria, e altra mercanzia.
Rimango al largo, mi metto a pescare, con l’idea di farmi un bel pranzetto, e in attesa del pesce penso a Francesco, professore di filosofia e al suo strano comportamento. Mi sa che dovrò rivedere il mio giudizio, su di lui, ne sa più di quello che dimostra. Fisicamente non è certo un granché, uno di quei tipi che potrebbero tranquillamente svaligiare una banca e uscire tranquillamente dalla porta principale senza essere notato, un tipo comune, insomma. Caratterialmente siamo troppo diversi, agli antipodi direi: io duro, intransigente, granitico, eternamente sul piede di guerra, lui mite, dolce, comprensivo (sin troppo, non so se per indole o per influenza della materia che insegna). In ogni caso a me fa una rabbia matta.
Se è lui a dover giustificare un ritardo, accetta tutto, dal tram che non arrivava al ricovero della nonna, da un mal di pancia improvviso, alla sveglia che non ha suonato; insomma se gli dicessero “sono in ritardo perché ho aiutato una vecchietta ad attraversare la strada” non solo accetterebbe la giustifica, ma aggiungerebbe una lode per la buona azione! E naturalmente gli studenti se ne approfittano, ma se a lui la cosa scivola via, io mi imbufalisco.
E intanto oggi il pesce è in ferie. Anche lui è andato a Messa? Ci sono cattedrali in fondo al mar Tirreno? e qui viene spontaneo pensare a Chiara…
Già. Chissà come sono nate certe voci. Sicuramente, alla luce delle rivelazioni di Francesco c’è di mezzo la Ginori, ma da dove può essere partita quella strega? Non mi sento responsabile, ma per scrupolo ripercorro l’iter. Dunque, Chiara è arrivata da poco più da due anni, da quando è esplosa la mania dell’inglese. Sembra che sarà la lingua del futuro, e che i rampolli torinesi non possano essere privati di tanta conoscenza, così su richiesta dei genitori, il preside ha acconsentito ad inserire anche un corso facoltativo di inglese. Non so come e perché sia stata scelta Chiara, e neppure mi interessa, so solo che adesso è qua. Sinceramente non l’ho mai guardata troppo, a volte mi fa l’impressione di un topolino mezzo affogato, altre di una povera cenerentola. Sempre ordinata, per carità, sempre dignitosa in quegli abitucci da quattro soldi, naturalmente sempre tinte neutre, mai un tocco di colore, mai un filo di trucco, e ben poche sedute dal parrucchiere. Gli occhi sono di quell’insulso color topo, i lunghi capelli neri, raccolti in uno chignon che non valorizza certo i suoi lineamenti, le danno un’aria da istitutrice, accentuata dagli occhiali quando è seduta al tavolo a correggere i compiti in classe. Il tutto mi mette in corpo uno strano malessere, per cui evito di guardarla. E neppure lei sembra colpevole. Non l’ho mai sorpresa a guardarmi, e oltre al solito ciao, se ci si incontrava, non faceva altro. Si era subito incollata a Franca, e non c’era altro da aggiungere.
Al tramonto rientro con una luna storta, che non basterebbero 1000 geometri per raddrizzarla.
I tre non sono tornati, Francesco è ancora in biblioteca.
Che vadano tutti al diavolo, mi verso una doppia razione di bourbon, e vado a dormire.
Una giornata da dimenticare, colpa di quella stupida baciapile, lei la sua messa, la sua aria da santarellina, lei, l’acqua cheta che travolge i ponti.
La odio.
Quando rientrano, verso mezzanotte, neanche troppo silenziosi, faccio fatica a non alzarmi per invitarli a far silenzio.
Ma domani la faccio finita, e non so se avrò voglia di usare i guanti bianchi. Se vogliono andarsene tutti tanto meglio, io riparto immantinente per Cortina.
Decisamente migliore della versione precedente 🙂
Ci sono solo un paio di cose: nel dialogo iniziale ci sono due attacchi uguali in due personaggi diversi, troppo vicini tra di loro (“Scherzi?”) e poi non ho capito quale sarebbe la “cattiveria”.
“la cattiveria” è che Bruno vuol umiliare Chiara (andare a Messa è cosa da servitù, appunto). Forse ho sbagliato ad eliminare quel NOI (plurale maiestatis) che poteva rendere più chiara la cosa..
Non ho capito invece la storia dei 2 attacchi. se chiara chiede la macchina, Gianni non può offrirsi subito di accompagnarla? come dovrebbe essere invece?
La cattiveria non appare così evidente descritta in questo modo. Io ho interpretato la cosa come una normale richiesta a chi era del luogo (la servitù) e quindi ne sapeva di più al proposito.
Per attacchi intendo attacchi di dialogo (inizio di dialogo insomma) e sono quelli che iniziano entrambi con “Scherzi?”.
«Scherzi?» – interviene subito Gianni…
…
«Scherzi?» – ribatte…
…
Sono due personaggi diversi che si esprimono nello stesso modo.
Effettivamente anche io ho riletto un paio di volte perchè non trovavo la “cattiveria”… poi ci sono arrivata e anche io mi perdo un po’ negli stacchi dei dialoghi…ad esempio…
«Quando torneranno?,- chiedo al filosofo.- dovrei regolarmi per il pranzo..
il punto di domanda non è già un punto? oppure vanno daccordo il punto di domanda e poi la virgola? e chiedo al filosofo andrebbe forse senza punto?
Ecco mi perdo un po’ nei dialoghi o nelle punteggiature.
Invece quando te ne vai diritta per i pensieri di Bruno ti sciogli e tutto scorre bene.
Quando scrivo tengo sempre presente una costante: la credibilità.
Ecco forse non era necessario aggiungere :
«E fare la comunione» aggiunge Chiara………
immagino che andando alla Messa intesa come tale la comunione sia parte integrante della Messa e trovo il gesto della comunione molto intimo quindi io non direi che vorrei fare la comunione…ma vorrei andare a messa-punto.
Nell’insieme lo trovo più scorrevole e ampliato e sei brava a riscriverlo io non so se ci riuscirei!
3 stelline per spronarti a 4 e poi 5 !! su su pelandrona!
Senti, pignolina….
sì, la virgola è scappata, perchè quando fai,disfi, rifai e ridisfi perchè non scorre, alla fine anche se rileggi 10 volte, qualcosa scappa sempre. Diverso il discorso Messa-Comunione. Per la comunione c’è l’obbligo del digiuno, quindi non sempre le due cose si possono conciliare. Ricorda che qui siamo sul ricordo di 40 anni prima, quando ancora era così. adesso mi pare che le cose siano cambiate, ma siccome da anni non so com’è fatta una chiesa, non sono aggiornata.
i dialoghi, in effetti sono il mio handy; come ben sai sono una solitaria e adesso poi ho ben poche ocasioni di parlare con la gente, quindi questo lato caratteriale si riversa anche nello scrivere.
e adesso vado ad attaccare il terzo giorno..
e grazie anche a te! per la critica sempre attenta e positiva.
Giusto per essere pignolino anch’io 😉
Non siamo sul ricordo di 40 anni fa, l’ambientazione tua è ai giorni nostri.
La mia è di 40 anni fa 😥